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Gianni Guerra
Nato a Viterbo
in piena guerra mondiale…
quando i bambini erano
abbandonati al proprio destino…

I ragazzi, fino al giorno della prima Comunione, portavano i pantaloni corti,
sia in estate che in inverno, per due ragioni:
la prima, per non consumarli…specialmente all’ altezza delle ginocchia…
...dove era preferibile sbucciarsele.
La seconda, più importante della prima…non c ‘erano soldi per comprarne lunghi, neanche usati.
Io, essendo il più piccolo della Famiglia, ho sempre “indossato”
le scarpe e gli indumenti dei miei fratelli più grandi, se non addirittura quelli di mio padre.
A quei tempi, le nostre mamme usavano moltissimo l’ ago e il filo…
Oggi, molte donne, con molto rispetto, non saprebbero quasi nemmeno attaccare un bottone…
Perché, al primo “intoppo”…si usa buttare via… di tutto…
e le montagne di immondizia, anche e non solo per questo,
un giorno ci cadranno addosso…!!!

Mio Padre artigiano ( Gino ), mio zio scenografo (Alfredo), ed uno zio scultore (Augusto)
sono stati molto importanti per me.
Quest’ultimo, zio Augusto, è sicuramente “l’esecutore” materiale di una scultura
(un cavallo) realizzata a Roma
al Monumento del Milite Ignoto in piazza Venezia.
(Questo è ciò che, con grande orgoglio, mi raccontava mio Padre ).
Un nonno orticoltore, con due lunghi baffi (Giuseppe),
ed una Mamma affettuosa di origine etrusca (Olimpia) ,
con la quale ho avuto un’ intesa particolare…
fino all’ ultimo istante della Sua vita.
In quel periodo non c’era “tanto” tempo per giocare… e si cominciava,
da subito, a capire che bisognava affrontare la vita con le sue mille difficoltà.
Tutti i lavori erano buoni, perché a quei tempi c’era soltanto un problema :
“sopravvivere”.
E cominciarono le prime esperienze di vita.
Non posso non ricordare che, pur essendo in un periodo difficile,
i nostri “giochi” qualche volta, riuscivamo a farli…
Uno dei tanti giochi era con quelli un po’ più grandi di noi che… ci insegnavano…
come incendiare i famosi
“bengala” di notte
( abbondanti e gratuiti residui bellici della guerra appena finita)
che illuminavano il quartiere come fosse giorno.
Oppure far esplodere un composto di zolfo, misto con pasticche di potassio,
ridotte entrambe in polvere ed unite insieme in egual misura.
Questo
“gioco” era particolarmente emozionante ma molto pericoloso.
Qualcuno ci ha perso un piede… o è rimasto zoppo per aver esagerato con dosi troppo elevate.
Un altro
“gioco” che facevamo spesso…:
ci recavamo in un piccolo bosco attraversato dalla ferrovia che collegava
il tratto Roma-Viterbo in zona Ponte di Cetti e

appoggiando l’ orecchio sulle rotaie…(imitando i “pellerossa” dei film…)
sentivamo quando, da dietro le curve…stava per arrivare il treno.
Un gioco emozionante che…
fu interrotto quando un giorno ritornammo in quel luogo e…
trovammo ad aspettarci … i Carabinieri.
All’ epoca i Carabinieri ci facevano “tremare” solo a vederli passare.
Noi ragazzi avevamo sempre qualche marachella da nascondere.
Una vita “cresciuta” insieme ai miei fratelli più grandi
...e la “protezione” costante di mia sorella,
due anni più grande di me.
Posso senz’altro dire che, nella mia Famiglia, nonostante tutto,
sono stato il più fortunato.
Nella vita poi, mi sono concesso sempre tante “emozioni ” fin da bambino…

                 
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"Aggiornato il 5 maggio 2005...." - Tutti i diritti riservati